Chi odia, chi è incapace di confrontarsi lealmente, può muoversi nella notte e sporcare un’opera d’arte ma a vincere veramente, non ce la fa!
In quattro ore, il murales di Novak Djoković a Orahovac, grazie alla disponibilità di tanti ragazzi che hanno offerto il proprio lavoro, è stato ripristinato.
Nole è di nuovo su quel muro, a ricordarci qualora ce ne fosse bisogno, che non si torna mai indietro, nemmeno per prendere la rincorsa.
Al più presto, provvederemo al restauro anche del murales del Mahatma Gandhi a Mitrovica.

Non ce la fanno mai

Nel 2021, la nostra Associazione ha promosso un progetto culturale in Kosovo e Metohija, il nome “Boja u vazduhu – Il colore nell’aria”. Si è trattato, nell’epoca triste della pandemia, di dare un segnale a chi era rimasto recluso oltre che dal virus, anche dalla storia, dalla politica, dalle proprie paure, di come il colore può raccontare attraverso immagini e parole, delle speranze.
Il pittore Milan Milosavljević, in arte Deroks, ha arricchito i muri di Kosovo e Metohija di venti ritratti di grande formato, provando a dialogare con l’immaginario di chi ama e quotidianamente vive la realtà di questi luoghi.
“È stato un progetto esaltante, importante, non ancora concluso – ci spiega Mirko Vasić, responsabile della casa editrice Duuscia che ha collaborato alla realizzazione – il progetto prevede la stampa di un libro e la diffusione di un documentario, oltre ad una serie di incontri in Italia e Serbia, per sensibilizzare l’opinione pubbliche sulle vicende di Kosmet”.
Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio, dei devastatori professionali, ignoti e vigliacchi, hanno vandalizzato i murales di Orahovac e Mitrovica, Novak Djoković e il Mahatma Gandhi.
“È un atto gravissimo – precisa la dott.ssa Chiara Pennacchioni, componente il consiglio direttivo di Amici di Dečani e cooperante di lungo corso in Kosovo e Metohija – un atto che racconta in diversi punti l’attuale situazione che si vive laggiù. Nonostante la narrazione diplomatica, chi si confronta con la realtà non può che constatare una escalation di provocazioni e azioni contro la minoranza serba. Dal ferimento di due giovani per il Badnjdan, ai sequestri di Hoča, dalle interviste patinate commissionate dai politici di Pristina a giornalisti occidentali al rassicurante raccontino di una regione sicura e civile mentre continua a montare l’odio etnico. Siamo profondamenti preoccupati di tutto ciò”.
“Il progetto con le sue immagini – precisa Vasić – è nato come spunto di riflessione comune, nel rispetto della diversità e delle identità, in questa rappresentazione hanno trovato posto religiosi e laici, sportivi e filosofi, italiani e americani, scrittori e registi”.
“La cosa che fa più male – dichiara Deroks, il pittore – è che a deturpare le opere si sia usato lo stesso materiale utilizzato per realizzarle: la vernice. Da una parte si è voluto tributare un omaggio alla bellezza, attraverso la mediazione dell’arte e dall’altra si è perpetrato un messaggio violento e di sopraffazione, che rende manifesta la vigliaccheria e l’odio che anima questi individui meschini”.
La vandalizzazione dei murales è la rappresentazione della difficoltà che vivono le enclavi, sempre più circondate dall’indifferenza del potere rispetto ai bisogni, stritolate dall’assenza dei servizi essenziali, la sanità, la scuola; relegate al ruolo di bersagli per le insoddisfazioni altrui, con il dubbio di non essere più attuali nella scena politica e il timore di percepirsi “sacrificabili”.
“Il nostro impegno non è certamente intimidito da questi episodi – continua Chiara Pennacchioni – semmai sono proprio queste violenze ed intolleranze che ci spingono a pensare che il nostro ruolo e la nostra esistenza sul territorio siano basilari per raccontare una realtà che tanti vogliono cancellare per interessi politici o comodità personali ed è per questo che le nostre iniziative saranno intensificate”.
Il risultato vero, di giorni tristi come quello che stiamo vivendo, consiste nel realizzare che la strada da percorrere sia assolutamente in salita e che il Kosovo è ancora molto lontano, dopo 15 anni di presunta autonomia, da una vera coabitazione civile tra le differenti anime che lo popolano.&nbsp;

Se vuoi leggere di più sul progetto clicca qui:
<a href="https://www.amicididecani.it/notizie/boja-u-vazduhu" target="_self">Progetto Boja u Vazduhu</a>&nbsp;
<a href="https://www.amicididecani.it/notizie/il-colore-nell-aria-buv" target="_self">Il colore nell’aria</a>&nbsp;
<a href="https://www.amicididecani.it/notizie/polaroidmurale-a-hoca" target="_self">Polaroid murale</a>&nbsp;

Vandalismo e arroganza

Ogni miracolo ha una data di inizio e per il nostro piccolo Uroš Petrović di Šilovo, il miracolo è iniziato nell’ottobre del 2021, tra le fasi finali della pandemia e le difficoltà di spostamento. Aleksandar e Dragana si rivolgono a noi per far valutare neurologicamente il proprio terzo figlio, nato con la pesante diagnosi di microcefalia.
Molti pensano che sia una storia senza futuro, ma così non è per il Dott. Dario Dilillo, responsabile delle missioni Docs for KiM in Kosovo e Metohija, per tutto il personale medico che partecipa a questa avventura, per la Prof.ssa Brankica Pavić dell’Università Federico II, sede di Benevento, che trascorre con Uroš e i genitori delle giornate di insegnamento e sostegno.
Il miracolo è quindi in moto ed il piccolo Uroš, che qualcuno aveva pensato essere destinato a una vita di sofferenze, non ci sta.&nbsp;
Il bimbo che non doveva avere alcuna percezione, non solo ce le ha, ma dimostra una forza volontà e determinazione incredibili.
Uroš si mette in piedi e cammina.
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“È certamente un miracolo – ci conferma la Prof.ssa Pavić – un miracolo determinato dall’amore dei genitori verso questo piccolino, dell’intera famiglia che si è stretta attorno a lui, della dedizione giornaliera di mamma Dragana, dell’applicazione scrupolosa dei migliori principi di fisioterapia ma più di ogni altra cosa è il trionfo della volontà del piccolo Uroš, che dimostra ad ogni occasione quanta forza e gioia di vivere ci sia dentro questo piccolo grande eroe”.
Un miracolo determinato come sempre, anche dal lavoro permanente di una equipe, che si applica sul territorio operativo e lontano dal territorio, ponendo le basi e le condizioni per assicurare la continuità delle missioni. Un profondo grazie al prof. Gianvincenzo Zuccotti, al dott. Dario Dilillo e in particolare all’equipe medica che si è dedicata a Uroš, sia a Milano che in Kosovo e Metohija, dott.ssa Stefania Bova, dott.ssa Raffaella De Santis, dott.ssa Giulia Zichichi, dott.ssa Erica Pendezza, dott.ssa Francesca Riccaboni, dott. Nicolò Garancini e dott. Andrea Biuso e dott. Giorgio Martini.
Se vuoi saperne di più e approfondire la storia di Uroš, visita queste pagine (<a href="https://www.amicididecani.it/notizie/il-piccolo-uros" target="_self">Piccolo Uroš ottobre 2021</a> – <a href="https://www.amicididecani.it/notizie/il-primo-passo" target="_self">Il primo passo ottobre</a> <a href="https://www.amicididecani.it/notizie/il-primo-passo" target="_self"> 2022</a>)&nbsp;

In cammino con il Miracolo

Milorad Velić (44 anni) agente di polizia e Biljana Janicijevic (40 anni), medico, si sono sposati nel 2011. Dopo undici anni di matrimonio e tutte le prove a cui si sottopongono le coppie che desiderano avere un bambino, Biljana è rimasta incinta.
“Il 25 giugno, il giorno in cui è nato Jakov è stato un sogno, il giorno più bello della mia vita – ci racconta papà Milorad – un meraviglioso sogno ma breve, perché i medici ci hanno subito spiegato che Jakov soffriva di una malformazione cardiaca”.
“Io mi ricordo bene il giorno dopo – ci dice Bilja, la mamma, che da medico vede tutto da una speciale prospettiva – la corsa a Belgrado, il tragitto che sembrava non finire mai, il ricovero, l’intervento eseguito su un bambino di soli tre giorni e poi un mese di ricovero in ospedale”.
Tutto sembrava essersi risolto così, un intervento che tecnicamente si chiama TGV (trasposizione grossi vasi), un gruppo di malattie cardiovascolari congenite che provocano una localizzazione anormale di uno o più vasi sanguigni.
Jakov è tornato a casa ma dopo due mesi, al primo controllo effettuato dai nostri medici Marko Stojanović e Nenad Živković, specializzati in Italia che visitano presso l’ambulatorio di Gračanica, è stata confermata una lacerazione dell’aorta.
Prontamente informati i nostri partner, il Policlinico San Donato di San Donato Milanese e l’Associazione Cuore Fratello, abbiamo attivato la complessa procedura per trasportare il piccolo Jakov e la mamma Biljana in Italia nel più breve tempo possibile.
Contando di svolgere al meglio il lavoro di preparazione, speriamo di poter trasferire il paziente in primavera.
“Mio figlio, arrivato a noi dopo undici anni – è ancora papà Milorad a parlare – è stato un vero dono di Dio. Adesso mi aspetto che il dono della sua salute me lo faccia l’Italia. Io vi ringrazio sin da adesso!”

Adesso tocca a Jakov

Potrebbe essere solo sport e noi non ci occupiamo di sport. La figura di Novak “Nole” Djoković è di più, a cominciare dal discorso di ringraziamento durante la premiazione degli Australian Open, decimo successo per il nostro tennista in questo torneo e ventiduesimo Slam in bacheca, che lo riporta in testa alla classifica Atp.
Durante questo piccolo discorso, Nole si è augurato di essere “un’ispirazione per i bimbi, affinché lottino nel credere nei loro sogni, per quanto difficili adesso possano sembrare”.
Della meravigliosa persona che Djoković sia, ce ne eravamo accorti da tempo, dalla volontà ferrea di difendere le proprie convinzioni, alla capacità mentale di reagire ad ingiustizie e discriminazioni, sempre con la forza interiore che lo ha mosso sin da bambino.
A lui, è stato dedicato un significativo murales ad Orahovac, in Kosovo e Metohija, eseguito dall’artista Milan Milosavljević in arte DEROKS, all’interno del più ampio progetto “Boja u vazduhu”.&nbsp;
Il piccolo contributo video che pubblichiamo, realizzato dal regista Aleksandar Stojanov è il nostro modo di ringraziare questo straordinario figlio di Serbia.

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Avanti Nole, congratulazioni, non si torna indietro nemmeno per prendere la ricorsa.

Numero uno

Il noto giornalista e inviato speciale, Francesco Battistini, che un tempo avevamo anche stimato per una complessiva visione dello scenario balcanico, non esita dalle colonne del Corriere della Sera, a confezionare un’intervista a tappetino, in gergo marchetta, alla Presidente di Kosovo, Vjosa Osmani.
Il teorema che Batistini sembra aver sposato è quello della peggior propaganda antiserba: Kosovo=Ucraina, Serbia imperialista come la Russia.
Ognuno è libero di avere le proprie idee, ma giusto per parafrasare il Principe De Curtis, ognuno ha il diritto di essere stupido, ma questa volta il Battistini esagera.
In questa sciagurata intervista palesemente commissionata dai creatori di una narrazione mainstream, Battistini insinua due domande, perfette a servire l’opportunità di risposte politically correct alla Osmani.
Ma i diritti della minoranza serba sono spesso calpestati.
«La nostra Costituzione protegge le minoranze più di qualsiasi altra in Europa. Ci siamo ispirati alle migliori tradizioni dei diritti umani, perché volevamo essere certi che ognuno si sentisse sicuro, ben accetto, incluso: noi per primi siamo stati discriminati, sappiamo che cosa significhi. I serbi non hanno mai avuto problemi dopo la guerra: certo ci sono stati incidenti, ma quelli interetnici sono lo 0,03% del totale e stanno calando. Il problema è che i serbi del Nord si trovano al confine e Vucić li utilizza come ostaggi: loro non hanno paura di me, hanno paura delle gang serbe che entrano nelle loro case, bruciano le loro auto, minacciano i loro bambini. Una situazione molto difficile».
Lei ha incontrato a Roma anche il Papa. Ma perché a Pristina c’è tanto mistero su Ibrahim Rugova, padre storico e primo presidente del Kosovo, che in punto di morte si convertì al cristianesimo? Non si vuole turbare un’opinione pubblica a maggioranza musulmana?
«Non penso. In Kosovo c’è una grandissima armonia religiosa. E non ci importa che uno sia musulmano, cattolico od ortodosso. La figura di Rugova è difficile da spiegare a parole. Fu la persona che diede voce ai senza voce. Creò alleanze nel mondo e aprì le porte di Paesi forti a una piccola nazione come il Kosovo. Gli siamo grati anche per la sua amicizia con Giovanni Paolo II, che si rivelò uno dei più convinti sostenitori della nostra libertà».
La Presidente Osmani nel rispondere alla prima domanda, quella sulle protezioni delle minoranze si è “dimenticata” di precisare che in Kosovo non esiste una sola scuola bilingue (albanese/serbo) nonostante le lingue ufficiali del paese siano due. I serbi possono restare in Kosovo a patto di essere senza istruzione o consapevolezza della propria storia.
Sulla seconda, parlando della presunta armonia religiose che vige in Kosovo, ancora una volta dimentica, senza che l’informato cronista glielo faccia rilevare, il mancato riconoscimento del Vaticano al Kosovo quale stato sovrano e il ferimento di due giovani proprio alla vigilia del Natale ortodosso al sud del Kosovo <a href="https://www.amicididecani.it/notizie/vigilia-e-timore" target="_blank">(leggi qui la notizia)</a> .
Questo modo di fare giornalismo, funzionale ad una narrazione preconfezionata ci disgusta e del resto Francesco Battistini, purtroppo, non è nuovo a questi “scivoloni”, noi non abbiamo dimenticato il suo articolo del 27 dicembre 22 sempre sul Corriere dove espresse giudizi falsi e vergognosi sul Patriarca Porfirije: «(…) al diciottesimo giorno di proteste ci manca solo il patriarca rock, questo Porfirije amante della chitarra e della marijuana, a drogare i serbi del Kosovo coi suoi assoli nazionalistici».
Quel che ci stupisce veramente, non è che un giornalista abbia un prezzo o una “bandiera” da servire anche a dispetto della verità, ma che chi è deputato a difendere l’onore e la dignità della Serbia in Italia, di fronte a queste menzogne e insulti, continui a tacere, diventandone al fine corresponsabile.
Una volta gli ambasciatori servivano ad altro che organizzare concerti o ricevimenti.

Battistini a comando

Che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli,
e si incarnò dallo Spirito santo e da Maria Vergine,&nbsp;
e si fece uomo.
Који је ради нас људи и ради нашег спасења сишао с небеса,
И оваплотио се од Духа Светога и Марије Дјеве,
и постао човек.
<h2>Cristo è nato</h2>
<h2>Христос се роди</h2>
Dio, infinito, incommensurabile ed eterno si è fatto carne, tendini, sangue, respiro, fatica, sudore.&nbsp;
In una notte di prodigi, profezia e mistero, ci ha donato, per una nuova alleanza, il Suo unico figlio.&nbsp;
Accogliamolo senza paura, abbandoniamoci al Suo amore, è veramente nato!
Бог, бескрајан, немерљив и вечан, постао је месо, жиле, крв, дисање, замор, зној.&nbsp;
У ноћи чудеса, пророштва и мистерије подарио нам је, као залог новог савеза, Свог јединог Сина.&nbsp;
Прихватимо га без страха, препустимо се Његовој љубави, ваистину се роди!

Natale 2022

Con il taglio rituale della quercia, Badnjak, si sono aperte le celebrazioni della vigilia del Santo Natale al monastero di Visoki Dečani.
La simbologia affonda le radici nei tempi più antichi, nel bisogno dell’uomo di rinnovare un patto con la natura ed includere la natura nel disegno perfetto della creazione di Dio.
Alle prime luci dell’alba, ci si reca in montagna, nel bosco, a cercare la quercia, che in serata fornirà la legna ove cucinare il pasto della notte dei pastori, la notte della Vigilia.
Il rito rinnova il patto tra l'uomo e il Sacro, lo stupore della creatura per l'impareggiabile bellezza del creato, la consapevolezza di farne parte.
Questa tradizione secolare, quest’anno è stata funestata da un terribile episodio di violenza nei boschi dell’enclave serba di Strpce.
Due giovani, Miloš e Stefan Stojanović, di 11 e 21 anni, che stavano cercando il loro badnjak, sono stati assaliti a colpi di rivoltella esplosi da un’auto pirata.
Grazie al cielo i due giovani si sono salvati, riportando delle ferite alle spalle e alle mani. È stata una violenza inaudita, frutto del clima di odio che sta montando in Kosovo e Metohija.

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