Resta altissima la tensione nel villaggio di Velika Hoča, enclave serba di Kosovo, dove ieri sera reparti speciali della polizia kosovara hanno fatto irruzione presso la Vinarija Petrović per intimare il sequestro o la requisizione di oltre 40.000 litri di vino.
Il cavillo giuridico di questa azione, che resta comunque un’aggressione alla dignità della minoranza serba che lavora e si sostiene, pare essere l’inosservanza da parte dei Petrović nell’applicazione di una nuova legge che prevede su tutte le etichette la presenza della lingua albanese oltre che serba.
Che l’argomento sia pretestuoso è fin troppo chiaro, il sequestro sulla base di un’inadempienza linguistica in una regione dove le lingue ufficiali sono due, l’albanese ed il serbo, risulta ridicolo.
Molto più comprensibile il desiderio di umiliare chi lavora e provvede al proprio sostentamento, per spazzarli via dalle loro case, dalle loro terre, dalla storia.
Il giovane Milan Petrović, studente di odontoiatria a Mitrovica, esasperato è salito sul tetto, rivendicando le proprie ragioni e minacciando di buttarsi se i mezzi speciali entreranno con la forza in casa.