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Grazie Peter

inserito il December 21, 2019

L’orazione di Peter Handke al momento del ritiro del premio Nobel per la letteratura 2019 nella sala dell’Accademia Reale di Stoccolma, è stata di per sé un’azione letteraria e poetica. Un monito etico a chi pensa di poter manipolare la natura, di costruire gravidanze a comando, di interferire con l’ordine del creato e del Creatore. Grazie Petar

«Stai al gioco. Non fare che tutto ruoti attorno a te. Cerca le sfide. Ma non mirare a un risultato specifico. Astieniti da ulteriori ragioni. Non trattenere nulla. Sii gentile e forte. Partecipa, e il vincere vada al diavolo. Non analizzare troppo, non calcolare, ma stai attento, attento ai segni. Sii vulnerabile. Mostra gli occhi, invita gli altri a guardare in profondità; assicurati che ci sia abbastanza spazio e prova a riconoscere l’immagine di ognuno. Non prendere decisioni di cui non ti senti entusiasta. Permettiti di fallire. Soprattutto, concediti tempo e prenditela comoda. Non ignorare mai quel che un albero o uno specchio d’acqua deve dirti. Voltati quando senti di farlo e permettiti di crogiolarti al sole. Non preoccuparti dei parenti, offri sostegno agli estranei, chinati a osservare le piccole cose, visita luoghi deserti, non innamorarti dei grandi drammi del destino, affronta i conflitti con una risata. Fatti sentire finché non dimostri di avere ragione e il fruscio delle foglie non diventa dolce. Cammina per i villaggi».
Queste parole furono rivolte quasi quarant’anni fa da una donna a un uomo, all’inizio di una lunga composizione poetica a cui ho dato il titolo Attraverso i villaggi.
Durante la mia infanzia, quando c’era l’occasione e quando il tempo lo consentiva, mia madre mi parlava sempre della gente del villaggio — che in sloveno si chiamava Stara Vas, e in tedesco Altes Dorf (vecchio villaggio): non delle vere e proprie storie, ma delle brevi narrazioni che sembravano, almeno a me, «eventi unici», per usare l’espressione di Goethe. È probabile che mia madre condividesse questi racconti anche con i miei fratelli. Ma nei miei ricordi sono sempre solo io il suo pubblico.
Uno di quegli eventi era descritto così. In una fattoria della zona, sulla strada per le montagne, una ragazza ritardata mentale lavorava come mungitrice. A quei tempi la gente la chiamava «debole di mente». Questa ragazza fu violentata dal padrone e diede alla luce un bambino, che la moglie del padrone crebbe come fosse suo. Alla ragazza, la vera madre, era stato ordinato di stare lontano dal figlio, per il quale la moglie del padrone era sua madre. Un giorno il bambino, ancora molto piccolo ma già capace di parlare, mentre giocava da solo vicino a un recinto di filo spinato ai margini della fattoria, vi rimase impigliato. Più si dibatteva, più ne era trattenuto. Cominciò a urlare e urlare, finché la mungitrice ritardata, la ragazza «debole di mente» o, come la chiamava mia madre nel dialetto parlato tra le catene di Saualpe e Caravanche, la Treapn, arrivò di corsa. In pochissimo tempo riuscì a liberare il piccolo. Quando la presunta madre del bambino alla fine arrivò sul posto, mentre la mungitrice era già tornata al lavoro, nel fienile o nei campi, il bambino chiese: «Mamma, come mai la Treapn ha mani così gentili?»

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