Ieri, in una giornata di inaudita tensione, l’incidente terribile, quello in grado di innescare un processo irreversibile si è solo sfiorato.
Il rosso sulla strada non è sangue, grazie a Dio, ma non è nemmeno semplice vino. Ieri è stato violentato il lavoro dell’uomo che rende dignitosa la propria esistenza.
Calpestando il vino della Vinarija Petrovic, si è calpestato il lavoro e la fatica millenaria con cui gli uomini di Velika Hoča hanno addomesticato colline e disegnato filari.
Una ferita su quella terra è una ferita ancestrale che colpisce un’intera comunità, ovunque si trovi.
"Enclave è la mia casa, il giardino, i miei libri, sono un'enclave – ha dichiarato Peter Handke, premio Nobel 2019 per la letteratura - queste persone a Velika Hoča ed io, siamo spesso una cosa sola".

Chi ha cuore comprende

Pubblichiamo in traduzione italiana, il comunicato di S.G. il Vescovo Teodosije, sui fatti che si stanno verificando anche in queste ore in Kosovo e Metohija.
Alla luce degli ultimi incidenti in Kosovo e Metohija, in particolare nel nord del Kosovo, così come oggi nel villaggio di Velika Hoča, riceviamo quotidianamente notizie inquietanti dai nostri fedeli che la pressione delle autorità del Kosovo contro il nostro popolo sta aumentando. 
Come Chiesa che da secoli è con la sua gente in questa regione, non possiamo guardare con indifferenza all'attuazione di misure che causano sfiducia e tensioni interetniche e che potrebbero ancor più costringere la nostra gente ad abbandonare il Kosovo. 
Questa situazione può anche portare a un'escalation di violenza che non giova a nessuno.
Facciamo appello alle istituzioni kosovare affinché mostrino moderazione e consapevolezza che i problemi politici e legali non possono essere risolti con una dimostrazione di forza nei confronti del popolo serbo, specialmente in zone come Velika Hoča, dove i serbi sono sopravvissuti a malapena nel ghetto per 23 anni. 
Allo stesso tempo, ci aspettiamo che i rappresentanti internazionali facciano tutto ciò che è in loro potere per fermare l'ultima ondata di pressione su quel che è rimasto del nostro popolo, che percepisce le azioni delle istituzioni di Kosovo come la minaccia diretta di come non ci sia posto per i serbi in questa regione.
La diocesi di Raška-Prizren esprime la sua profonda preoccupazione per il fatto che le relazioni interetniche e la fiducia in Kosovo sono al livello più basso degli ultimi vent'anni e chiede pace e moderazione. 
Tutti i problemi esistenti devono essere risolti senza tensioni etniche e possibili escalation di violenza, che sarebbero inaccettabili e potrebbero avere conseguenze negative di vasta portata.
+ Teodosije Vescovo di Raska e Prizren

La voce del Vescovo

“Il Signore vi guarda” sono le ultime parole di Dana Petrović, visibilmente sconvolta, mentre le stanno sottraendo il frutto di due anni di lavoro.&nbsp;
Dana non ha Procure, Tribunali o Polizia a cui rivolgersi; sono proprio gli uomini che secondo le diplomazie europee dovrebbero aiutarla a costruire il futuro, che la stanno distruggendo la Cantina di famiglia, l’azienda, i sacrifici fatti e il lavoro quotidiano.

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Sono immagini terribili che parlano di una violenza arrogante e senza misericordia, sono cronache di un giorno come tanti in una enclave serba di Kosovo e Metohija.

Il Signore vi guarda

Con un’inaudita arroganza, con forze speciali in assetto antisommossa, oggi, 8 dicembre 2022, c’è stato il tentativo di annientare la famiglia Petrović di Velika Hoča e con loro la speranza per tutti i serbi delle enclavi, di poter avere una vita dignitosa.
Con un pretesto banale, le forze di polizia kosovare si sono introdotte presso la più accogliente delle case di Velika Hoča ed hanno sequestrato oltre 40.000 litri di vino, che la famiglia di Srdjan produce con orgoglio da sei generazioni.
Di fatto il sequestro privo delle cautele nel maneggiare un prodotto vivo come il vino, renderà impossibile un eventuale riutilizzo del bene.
L’annientamento di un popolo si concretizza così, si sbriciola il sistema scolastico, si abbatte il sistema sanitario, ultimo attacco il lavoro, lo si rende impossibile, si espropria il frutto della fatica altrui.
Oggi a Velika Hoča è stata calpestata la dignità di un’intera comunità che ha saputo far fronte comune nelle difficoltà ed oggi si vede umiliata e derubata.
Con incredibile lucidità, Srdjan Petrović ha dichiarato: “La vite è l'unico tralcio che ci sostiene in Kosovo e Metohija, da secoli; se ce la tolgono, possiamo tutti fare i bagagli e andarcene. Vattene, questo è il messaggio che ci hanno lanciato contro".
A Srdjan, alla sconvolta Dana, a Milan, Milena, Luka, agli anziani nonni Bojan e Bojana, giunga la nostra solidarietà e il nostro impegno ad essere ancora più attivamente presenti nella vita del villaggio, cercando di poter offrire il nostro contributo.
Alla diplomazia internazionale che spesso attribuisce patenti di normalità, democrazia e standard europei, a questa terra di Kosovo, speriamo siano chiare le immagini che tutti abbiamo veduto e il senso di responsabilità che ne deriva nel tutelare le minoranze inermi.
Alla Serbia, spetta il sostegno doveroso a questa famiglia e a tutti coloro che sono minacciati perché insistono a difendere la terra dei padri e la loro identità; in quest’ora di immensa difficoltà occorrono impegni concreti e precisi, noi non faremo mancare il nostro!

Lezione di annientamento

Resta altissima la tensione nel villaggio di Velika Hoča, enclave serba di Kosovo, dove ieri sera reparti speciali della polizia kosovara hanno fatto irruzione presso la Vinarija Petrović per intimare il sequestro o la requisizione di oltre 40.000 litri di vino.
Il cavillo giuridico di questa azione, che resta comunque un’aggressione alla dignità della minoranza serba che lavora e si sostiene, pare essere l’inosservanza da parte dei Petrović nell’applicazione di una nuova legge che prevede su tutte le etichette la presenza della lingua albanese oltre che serba.
Che l’argomento sia pretestuoso è fin troppo chiaro, il sequestro sulla base di un’inadempienza linguistica in una regione dove le lingue ufficiali sono due, l’albanese ed il serbo, risulta ridicolo.
Molto più comprensibile il desiderio di umiliare chi lavora e provvede al proprio sostentamento, per spazzarli via dalle loro case, dalle loro terre, dalla storia.

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Il giovane Milan Petrović, studente di odontoiatria a Mitrovica, esasperato è salito sul tetto, rivendicando le proprie ragioni e minacciando di buttarsi se i mezzi speciali entreranno con la forza in casa.

Altissima tensione

Con una manovra di certo studiata da tempo, le forze speciali kosovare hanno fatto irruzione presso l’enclave di Velika Hoča per “sequestrare”, “requisire”, ancora non è chiara la formula pseudo giuridico usata, il vino delle più importanti cantine del villaggio.
Particolarmente indirizzato è stato l’intervento presso la “Vinarija Petrović”, dove è in corso un’irruzione per sequestrare oltre 40.000 litri tra vino e rakija.
Si tratta dell’ennesimo atto di intolleranza nei confronti della comunità serba, un’aggressione al lavoro e alla dignità di chi vuole provvedere con i propri mezzi alla propria esistenza e sopravvivenza.
Un sequestro indiscriminato, che non tenga conto dei diversi momenti di fermentazione del vino, significa di fatto distruggere le riserve vinicole prodotte con l’ultima vendemmia e le scorte accumulate ed invendute a causa della pandemia.
In villaggio ci sono stati momenti di tensione tra le unità di intervento kosovare e una piccola folla radunatasi spontaneamente di fronte alla Vinarija Petrović, a sostegno della famiglia.
A Srdjan, Dana, Milan, Milena e Luka, una famiglia esemplare che la comunità italiana ben conosce per avere alloggiato diverse volte in tutte le stagioni presso la loro abitazione, giunga l’affetto e la solidarietà della nostra Associazione, unito ad un impegno preciso e concreto: non sarete da soli ad affrontare questi eventi che mostrano il lato arrogante e prevaricatore di un potere, che spesso la diplomazia internazionale vuole nascondere.
Agli anziani genitori di Srdjan, Bojan e Bojana, giunga il pensiero affettuoso di tutti noi, incapaci di risparmiare loro anche questo vergognoso affronto.&nbsp;

Attacco a Hoča

Come da consuetudine milanese, nel giorno di Sant’Ambrogio, patrono della città, sono stati conferiti i prestigiosi riconoscimenti degli Ambrogini d’oro, le quindici medaglie con cui il Consiglio Comunale premia le personalità illustri di Milano.
Quest’anno è toccato al Prof. Gianvincenzo Zuccotti, ordinario di Pediatria presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento di Pediatria dell'Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano e Vicerettore per i Rapporti con le Istituzioni Sanitarie.&nbsp;
Il professor Zuccotti è coautore di più di 600 documenti, pubblicati da autorevoli riviste scientifiche di settore. I suoi campi di ricerca spaziano dalle disfunzioni nutrizionali e metaboliche nel bambino e nell'adulto, al trattamento e gestione delle malattie infettive e alle basi molecolari delle malattie neurodegenerative.
Felicemente sposato con la sig.ra Daniela e dinamicissimo nonno, è il responsabile scientifico del nostro progetto di solidarietà internazionale DOCS for KiM.
Ha partecipato a diverse missioni in Kosovo e Metohija, visitando sul campo decine di bambini bisognosi ed accogliendo i casi più importanti all’Ospedale Buzzi di Milano.
La nostra Associazione si unisce alle congratulazioni che in questo momento giungono da tutto il mondo, augurando al nostro Prof. Zuccotti tutto il meglio possibile.
Unica nota stonata di questa lieta giornata, l’inspiegabile riconoscimento attribuito a Marco Cappato, un attivista noto per la sua dedizione al “favoreggiamento” del suicidio assistito praticato in Svizzera. Questa inspiegabile débâcle del Consiglio Comunale di Milano non sminuisce di certo il prestigio del premio o quello degli altri premiati ma ne rende faticosa la comprensione.
Suona veramente strano, come lo stesso premio assegnato a Paola Bonzi storica fondatrice del Centro Aiuto alla Vita (CAV) della Clinica Mangiagalli nel 2014, possa essere attribuito anche a Cappato. Stranezze della politica italiana.

Ambrogino 2022

Dopo un mese e mezzo di permanenza in Italia, dopo l’estrazione di otto denti, dopo una operazione a cuore aperto, la seconda della sua giovane vita, il piccolo Bogdan ritorna alla propria famiglia ed ai propri affetti.
Bogdan ha dovuto lottare contro il suo “cuoricino matto” e lo ha fatto con il determinante supporto dei chirurghi, dei cardiologi, di tutti i medici e paramedici del Policlinico San Donato di San Donato milanese, ed è proprio grazie a loro, alla loro cura, attenzione e professionalità, che Bogdan può tornare a casa in piena salute.
Un grazie riconoscente che viene esteso ai nostri partner nel progetto delle Gioie del Cuore (GdC), l’Associazione Cuore Fratello di San Donato e tutti i suoi generosi volontari, ai nostri volontari che si sono assunti il compito di seguire questo giovane leone; un ringraziamento particolare a Riccardo Mantovani che ha interpretato al meglio la responsabilità di coordinatore di progetto.
Abbiamo dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che andare oltre i timori, spingersi con il cuore fino a far diventare concreti i desideri, è il punto fondamentale della nostra missione e tappa obbligata del nostro percorso.
Adesso tocca a Bogdan, godersi il futuro.

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